A seguito della mia partecipazione alla presentazione del suo lavoro fatta nella terapia di bambini autistici da Jean Pierre Drapier, volevo proporre una riflessione su questo tema.
Innanzi tutto penso sia utile sottolineare come un orientamento Psicoanalitico applicato alla psicoterapia dell’Autismo sia un punto di forza nella comprensione e nel trattamento di questo tipo di Patologia. Mi sembra giusto rilevare il dato clinico (che condivido) sottolineato da Drapier in merito alla fenomenologia dell’esperienza autistica.
Questi bambini sembrano essere “esposti” ad una sorta di Ipersensorialità da cui sono costretti a difendersi attraverso la costruzione di barriere che gli permettano di filtrare o deviare l’intensità e l’intrusività sensoriale. I tipici comportamenti autistici, legati ad una ripetizione ed a una “confusione” tra mondo interno e mondo esterno, sembrano appunto funzionali nel creare una fortezza endopsichica che permetta all’esperienza psichica del bambino di “esistere in un qualche modo”.
In questo senso mi pare estremamente importante la posizione che deve mantenere il terapeuta che si accosta a questo tipo di bambini, una posizione che Drapier definisce come uno stare a lato. Stare a lato significa la possibilità di esserci (con il bambino) senza imporre (sensorialmente) la propria presenza. E’ una sorta di possibile offerta di sé che il bambino può raccogliere se vuole o può rifiutare…..ciò che conta sembra offrire questa possibilità di contatto non imposta.
Creare quest’ area di possibilità sembra essere il primo passo per poter creare un contatto che nel corso della terapia dovrà costruirsi “poi” come un contatto interpersonale.
Questo approccio mi sembra particolarmente rilevante perché relativizza il problema delle cause eziologiche (genetiche, psicologiche, sociali), ma piuttosto indica il prerequisito essenziale per porre le basi per una terapia, che è quello di poter arrivare a costruire una relazione. Sia che l’autismo sia il frutto di una particolare espressione genetica, oppure che sia causato da un interazione tra fattori genetici, psicologici e sociali, questo non modifica la questione “fondamentale”, che è quella di trovare il modo per accostare la particolare soggettività psicologica dell’esperienza interna del bambino autistico.
E’ sempre bene ricordare che incontrare un bambino autistico, significa sempre incontrare una particolare forma del vivere la propria umanità.