Ritengo sia utile poter riflettere su una delle spinte più forti che riscontro nella mia attività clinica con i disturbi dell’alimentazione. L’impulso alla magrezza è davvero uno dei motori intrapsichici più importanti, va però precisato che l’impulso alla magrezza come ideazione anoressica non credo debba essere confuso con i messaggi salutisti che oggi sono così presenti nei media e soprattutto nelle televisioni.
Se per seguire una corretta alimentazione o una buona immagine corporea (che sono attività mirate al benessere personale), si pone attenzione all’aspetto fisico, questa a mio avviso non deve essere confusa con l’ideazione patologica alla magrezza che è davvero un’altra cosa.
L’ideazione di tipo anoressico verso la magrezza è una tendenza a sperimentare “il piacere” del perdere peso, in questo senso, spesso gli obiettivi di peso che queste ragazze perseguono (dal punto di vista numerico) non sono tanto importanti in sé, ma lo diventano in funzione del fatto che il peso raggiunto (come sottopeso) deve diventare una barriera invalicabile; nel loro tipo di ideazione ciò che produce piacere e benessere è appunto “il perdere peso”, ciò che invece produce ansia, agitazione e rabbia verso di sé è “prendere peso”. Il perdere peso dunque non diventa un obiettivo per raggiungere qualcosa, ma diventa una necessità di vita, per vivere (e non avvertire l’angoscia di vivere) diventa necessario perdere peso.
Quando una ragazza entra in questo tipo di ideazione, diventa assolutamente refrattaria a ragionamenti del tipo “ma non è possibile perdere sempre peso”, oppure “guarda che continuando così metterai a rischio la tua salute”; avviene una sorta di scollamento con il senso della realtà in cui ciò che conta non è una prospettiva verso una possibile salute di tipo fisico o psicologico, ma come nelle dipendenze patologiche si innesca la necessità di evitare l’angoscia, e tale evitamento non può che avvenire tramite l’illusione di poter perdere peso all’infinito.