Non piacersi e non accettarsi, il problema dell’immagine di sé

All’interno dei disturbi dell’alimentazione è molto frequente incontrare nelle giovani donne o nelle adolescenti, la problematica di non accettazione della propria immagine corporea. 

Solitamente questa problematica nasce nel periodo dell’inizio dell’adolescenza (pubertà) e si traduce in un rifiuto e in una non accettazione di quelli che diventano dei cambianti corporei rilevanti.

Le zone critiche che spesso vengono investite da questi vissuti sono le gambe, la pancia, i fianchi e il seno….le zone del corpo che riguardano l’acquisizione della femminilità possono diventare il terreno di uno scontro psicologico con sé stesse molto forte. Il problema dell’iperattività patologica spesso nasce appunto da questo tipo di percezioni, le giovani ragazze anoressiche tramite il movimento continuo cercano di mantenere il peso sottocontrollo e allo stesso tempo cercano di modellare il proprio corpo, tentando di diminuire il volume delle forme corporee, spesso avendo come ideale quella che io chiamo la “forma del tubo”.

Nei disegni di queste pazienti è possibile osservare come tutto dovrebbe essere lineare, piatto, senza curve….anche lievi asimmetrie vengono percepite in modo fobico e suscitano angoscia, un angoscia che può spingere verso l’iperattività, ma anche verso altre pratiche di compensazione, come il vomito autoindotto o un abuso di lassativi. Anche nell’obesità esiste un problema dell’immagine corporea e dunque una non accettazione di sé. In questi casi invece, la percezione di un corpo che non piace, le forme che generano vergogna e la paura di giudizi negativi su di sé, spingono paradossalmente le ragazze o le donne obese a mangiare ancora di più, innescando un circolo vizioso in cui il non piacersi e il non accettarsi suscitano un rifiuto di sé che viene momentaneamente calmato attraverso un abbuffata che permette “di non pensare più a niente”, ma che come effetto secondario ha quello di incrementare sempre di più il peso, peggiorando così la propria immagine corporea e la propria condizione fisica.

Queste condizioni cliniche sono solitamente stati psicologici che necessitano di un trattamento psicoterapico molto specifico, il lavoro con l’immagine corporea è una delle sfide che i clinici si trovano ad affrontare nel lavoro quotidiano con le pazienti affette da DCA.

Nella mia pratica clinica trovo molto efficace un lavoro mirato sulle rappresentazioni mentali di sé orientato sulla pratica della mentalizzazione, questo è un lavoro che permette di focalizzare i vissuti che si sono legati a specifiche parti del corpo e ne permette una loro trasformazione, avviando il passaggio della percezione di parti del copro sentite come estranee ad una percezione di parti del corpo sentite come famigliari e come parti del proprio sé. Questo tipo di intervento è sicuramente utile anche in quelle pazienti che non hanno un disturbo del comportamento alimentare, ma che invece soffrono per una percezione del proprio corpo come insopportabile e inaccettabile.

 

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