Le diverse teorie della mente in Psicoterapia

Chi si occupa di filosofia della scienza, probabilmente rimarrebbe molto colpito nell’accostare le problematiche sperimentali in psicologia nel constatare come di fronte ad un unico oggetto di indagine “la mente”, vi siano un così elevato numero di teorie che cercano di descriverne la natura e il suo funzionamento. Spesso e volentieri queste teorie colpiscono per la loro diversità e soprattutto nel campo clinico, colpiscono per la loro diversità nelle ipotesi di intervento. Per chi non ha una conoscenza approfondita delle teorie della mente e dei paradigmi clinici che orientano tali interventi, potrebbe avere l’impressione che l’oggetto dell’indagine e della ricerca possa essere “non” lo stesso oggetto.

In effetti le diverse teorie e pratiche in psicoterapia spesso puntano su aspetti diversi del mentale, in questo senso di volta in volta le diverse teorie della mente sembrano prestare maggiormente l’attenzione al comportamento, al pensiero, alle emozioni, alla parola e al linguaggio, ed anche al corpo, la lista comunque potrebbe proseguire e di molto. In effetti le diverse teorie in psicoterapia e le diverse pratiche di intervento che ne derivano, tendono a differenziarsi per la “ridefinizione dell’oggetto”, o meglio per il metterne in luce o un aspetto nascosto che fino a quel periodo storico non era stato trattato, oppure per la messa in valore di qualcosa di già noto che però agli occhi del ricercatore non ha avuto l’enfasi e l’importanza necessari.

In questi ultimi decenni ha acquisito nel dibattito clinico tra le diverse psicoterapie anche una certa importanza il problema del rapporto con la scienza, e il rapporto con i modelli sperimentali che sostengono le ricerche scientifiche. Grandi entusiasmi sono stati suscitati dai promotori dei paradigmi sperimentali e scientifici ed anche alcuni appannamenti nel momento in cui anche gli altri modelli hanno cercato di darsi “delle evidenze sperimentali” del proprio operare. In questo senso il mio contributo vuole mettere in evidenza come ad oggi la distanza tra le indagini psicologiche e quelle delle scienze fortemente sperimentali (come ad esempio la Fisica) sono distanze molto importanti. E’ bene mettere in evidenza come ogni psicoterapia sembri produrre delle variabili che non sono strettamente collegate all’oggetto dell’indagine, ma soprattutto al paradigma teorico adottato. Questo problema mostra come sia ancora lontana l’ipotesi di una consensualità tra i ricercatori sulla natura dell’oggetto di ricerca, e di come in questo senso diventi estremamente problematico il confronto tra queste variabili. Il problema sembra risiedere nella “grossolanità” delle variabili che vengono messe in gioco nelle ricerche psicoterapiche di tipo sperimentale, e spesso ciò che può diventare misurabile, tende a diventare estremamente superficiale nella descrizione del fenomeno studiato. In questo senso rimangono ancora molto lontane le due anime fondamentali nella pratica clinica in psicoterapia, ovvero l’anima “riduzionista” che pur di poter misurare qualcosa “si accontenta” di semplificare e di molto le osservazioni di tipo clinico, mentre dall’altra parte, l’anima della “specificità” tende ad abbandonare (credo in modo non corretto) ogni tentativo di poter descrivere anche sperimentalmente la specificità delle proprie osservazioni cliniche e di intervento.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

×