Domani martedi 26 marzo Daniel Pennac riceverà la laurea honoris causa in Pedagogia all’università di Bologna. Colgo l’occasione di questo evento per poter sottolineare alcuni punti importanti della grande responsabilità Psicologica che oggi più che mai il campo dell’educazione ha nei confronti dei ragazzi che frequentano le scuole italiane. Pennac sottolinea che oggi c’è un gran bisogno di “comprendere le paure di un adolescente, prima ancora di insegnargli qualcosa”. Insiste molto sull’idea della paura, del timore di non farcela, di non sentirsi all’altezza, paure che in un incontro pedagogico dovrebbero essere capite, per poter poi aprire quelle porte che lui chiama “la felicità che si prova nella frequentazione dei libri”.
Pennac mi sembra proporre non un idea di istruzione ma di cultura, una cultura che non può essere al servizio di ciò che lui definisce i guardiani del tempio, ovvero di coloro che scrivendo si aspettano dei commenti o dei giudizi sintoni con le loro aspettative personali. Pennac sostiene che la letteratura non ha a che fare con la “comunicazione”, egli parla di un piacere per la lettura che non deve essere comunicato, ma il piacere della lettura viene posto maggiormente sul piano personale, del fare qualcosa per sé stessi. Questo passaggio di Pennac a me sembra evocare una critica alla letteratura come commercio o format di parole, in opposizione al fatto che lo scrittore come il pedagogo può raggiungere il lettore nel suo spazio privato e personale. Pennac evoca la possibilità di un incontro diretto attraverso le parole, incontro in cui la letteratura non sarebbe “per tutti” ma per “ciascuno”, spiegando però come lo scrittore non possa essere come il pedagogo, e in questo senso lo scrivere per lui non è tanto un insegnare qualcosa, ma piuttosto è lo sperare di diventare una compagnia per chi legge, una compagnia particolare ed anche intima.