E’ difficile soffermarsi su un aspetto della vita mentale dell’individuo che essendo così connaturato all’interno dei contesti di relazione, diventa quasi impossibile accorgersi della sua presenza, questa funzione psicologica è quella del “giudizio”.
Il giudizio in sé è una funzione che ci accompagna in continuazione, è un attività che può essere svolta attraverso un atto di volontà, ma il più delle volte rimane un attività “preconscia” in cui funziona come una sorta di automatismo. Noi continuamente giudichiamo se una situazione che stiamo vivendo è buona o cattiva, se una persona ci piace o meno, se un cibo è piacevole oppure no. Il giudizio fondamentalmente è un modo per orientarci nelle situazioni di vita, attraverso il giudizio avviene una sorta di “confrontazione” tra le esperienze passate (che hanno attinenza con la situazione attuale) e il momento presente che si sta vivendo.
Lo scopo di tale confrontazione è quella di poter avviare una sorta di attribuzione di valore, è attraverso il giudizio (confrontazione) che si creano le scale di valori personali. Il giudizio è una sorta di interpretazione della realtà, ed è tramite il giudizio che ci possiamo orientare all’interno di una importante funzione psicologica, “la scelta”. Il giudizio diviene un crocevia fondamentale nella costruzione di quello che sarà il futuro individuale, a seconda di come si giudicheranno le situazioni, si compiranno determinate scelte, e a seconda delle scelte si costruiranno le situazioni di vita vissute. Il giudizio ha molto a che fare con i gradi di libertà dell’essere un individuo, un essere pensante.
Nel momento in cui compare una sofferenza psicologica, che possa essere ansia, depressione o panico, poco importa, l’individuo che soffre inizierà a dare un significato alla propria sofferenza, implicitamente ne esprimerà un giudizio; tale giudizio sarà estremamente importante per quello che sarà l’avvenire di quella persona affetta da quel tipo di problema. La problematica di tipo psicologico si differenzia notevolmente dalla malattia di tipo medico, innanzi tutto per ciò che riguarda il campo del giudizio. Se una persona si ammala di appendicite, non sta a farsi troppe domande, va all’ospedale ed accetta (anche se a volte con qualche timore) l’intervento chirurgico.
La malattia medica è tale perché c’è un problema che colpisce il corpo e che richiede una terapia. Nelle problematiche psicologiche non è così, se il problema del corpo “è giudicato” come un qualcosa che accade al nostro organismo, il problema psicologico è un qualcosa che accade “al nostro essere”.
Il problema psicologico è avvertito come un qualcosa che “tocca l’intimità dell’essere”, e spesso può suscitare dei sentimenti che faticano ad essere accettati. E’ per questo motivo che nei disturbi di natura psicologica fare il primo passo, accettare di condividere con qualcun altro la propria sofferenza e il proprio dolore, non diventa un fatto automatico, ma diventa un atto in cui si accetta di poter mettere in discussione il proprio essere, superando spesso la soglia della vergogna e delle sicurezze personali.